de le separazioni
Le separazioni vivono di lontananza, sono vecchiaie che vanno accompagnate per mano, gli si resta vicino ed è tutto quello che si può fare, un sorso d'acqua, una carezza ogni tanto, rendergli meno infelice la morte, aspettare che venga il momento in cui il rumore degli estranei che ti passano accanto diventi un suono tollerabile e il ricordo dei giorni insieme soffochi sotto il peso del tempo, perchè è quello che bisogna ingrossare e far diventare massa , lasciare che si dilati e chiuda quante più vie è possibile, in modo che il profilo dell'amato s'intacchi almeno un poco e si confonda con quello di chiunque altro , diventando un profilo qualsiasi composto dagli stessi pezzi reperibili su mille altri corpi e non più l'irripetibile, riservata bellezza che è sempre stata per te; e l'odore suo e suo soltanto, che ti impastava la mente e appannava la vista appena lo sentivi nell'abbraccio, una mattina si ritrovi in un'essenza contenuta nel più insignificante degli oggetti, magari in una saponetta o in una stoffa, e somigliando a quella si declassi ad odore come tanti e smetta finalmente di farti male, e così tutto il resto, le mani, gli occhi, le unghie, il sesso, il rumore dei corpi insieme, le parole, i risvegli, le parole dette e negate, le coincidenze raccontate mille volte, ogni più prezioso dettaglio si disperda nella moltitudine indifferenziata delle cose simili, fino a morire senza proteste, facendoti dire che forse è stato meglio così, e comportarti come se ci credessi. Non cercarmi, aiutami nell'unica maniera che sappiamo tutti e due , resta dove potrei trovarti se volessi e fida che non lo farò perchè è questo che tu vuoi, non commettiamo altri errori, ognuno nella sua solitudine cancelli ogni traccia di quello che è stato, facciamo in disparte il lavoro sporco del tempo, il peggio che avremmo mai immaginato per noi (ma ci pensi, io cancellarti, fare finta d'ignorare che ci sono posti del mondo neanche lontani che ti comprendono, dove tu esisti e agisci; perpretare questo delitto ai tuoi danni e ai miei, lavorare per una morte, reputare giusto un compito del genere e dedicargli la mia coerenza), smetti di domandarti cosa ci ha rovinato e perchè, lo sai come si comporta il dolore, non puoi parlarci, non sente ragioni e non le riconosce, ne fa carta straccia e dopo ti morde solo con più voglia, allora lascialo fare, aspetta che si stanchi, aspetta.
(Da un'altra carne di Diego De Silva)
(Da un'altra carne di Diego De Silva)
11 commenti:
Questo pezzo è fantastico. De Silva entra a furore tra gli scrittori che non ho letto, ma che leggerò, spero presto.
Sicuramente l'autore ha provato....per spiegarlo così bene!
La separazione è il terreno dei ricordi, di quello che era e non è più; si può stare lì, guardare i ricordi che, come gramigna, si prendono tutto il terreno e lo lasciano inaridire oppure potarli come si deve e farne un bellissimo giardino dove tutto cresce, ricordi vecchi e piante nuove...
@vincenzo a me è piaciuto molto il suo romanzo: non avevo capito niente, quest' ultimo che si intitola "da un'altra carne" non mi è piaciuto molto, l'unico pezzo che ho apprezzato è questo che ho postato
qui
@signora devi aver ragione
@baol sei un poeta
L'ho vissuta anch'io. E non molto tempo fa. Oggi mi appare ridicola. Tutto ha un valore, ed una relatività. Io son fortunata, lo so, nonostante tutto, ad evere accanto un uomo che mi ama. E che amo con tutta me stessa. E son fortunata ad avere una vita insieme con lui mai messa in discussione. Neanche dalle sbandate, più o meno evitabili. L'amore resiste alle tragedie. Anche alla terra che trema e ti ruba tutto. Tutto tranne il cuore....
hai ragione anna di fronte ad altre "catastrofi" si ridimensiona tutto, o meglio la percezione di certe cose, ma poichè il cuore non è solo un muscolo, ogni tanto certe contrazioni tornano a far sentire dolore
Il brano che hai postato è molto bello. Mi chiedo se ci si separi veramente da chi ha contato tanto nella nostra vita.
Ci sono separazioni e separazioni.
Alcune sono molto salutari...
Una volta, in una delle ultime interviste di De Andrè, Mollica lo chiamò poeta e lui, citando Benedetto Croce, disse che prima dei diciotto anni tutti scrivono poesie, dopo solo i poeti o gli stupidi, per sicurezza lui preferiva definirsi un cantautore...io uno che mette le parole in fila come gli vengono in testa...
Zefirìiiiiiiiiiiii........
Posta un commento