mercoledì, ottobre 04, 2006

postdemocrazia

Oggi leggendo un articolo di gad lerner su repubblica ho visto che citava la postdemocrazia, e dato che la sposina è ferrata in materia avendoci scritto su una tesi lascio a lei la parola:
Comunicare la politica nell'era della postdemocrazia. Conclusioni:
Il presente lavoro di tesi si prefiggeva la volontà di determinare una riflessione riguardo alla politica contemporanea, tramite la chiave di lettura della postdemocrazia. L’obiettivo era quello di verificare se e quanto, in Italia, si sia delineata una sorta di atrofizzazione dei valori di ‘civismo’, che costituisce un primo indicatore dell’avanzata di istanze postdemocratiche. Democrazia significa governo del popolo e ciò si traduce oggettivamente nella partecipazione attiva e condivisa dei diritti e dei doveri collegati allo status di cittadino. Citando Dahrendorf: “La democrazia è la voce del popolo che crea istituzioni, che controllano il governo senza spargimenti di sangue” [1].
In tal senso, ho interpretato i cambiamenti avviati nell’ultima metà del secolo passato, ma che sono ancora in fieri in Italia e in molte democrazie avanzate del mondo, come i sintomi di un generale malessere della democrazia, che fanno pensare ad un’allontanamento della politica dai tradizionali istituti democratici.
Come Crouch efficacemente argomenta, le distorsioni registrate nella politica contemporanea, sono determinate da vari fattori, fra cui: la crescente preponderanza delle lobby economiche, lo spostamento delle decisioni dagli Stati-nazione veros organi internazionali, i mutamenti nella partecipazione dei cittadini, la crisi della forma rappresentativa della democrazia e la presenza diffusa di leader populisti.
Tutti questi elementi pesano sulle modalità classiche della democrazia, tanto da assumere una nuova connotazione, appunto, postdemocratica.
Lo scopo di questa tesi era, perciò, quello di spiegare gli accadimenti di quest’ultimi decenni, sotto l’etichetta della postdemocrazia, al fine di chiarire l’evoluzione stessa degli avvenimenti che hanno caratterizzato quella che Crouch chiama ‘la parabola della democrazia’
[2].
Nella prima e seconda parte ho proposto un excursus delle forme e dei concetti della democrazia, partendo dalle definizioni per giungere alle differenze, alle caratteristiche peculiari e ai limiti delle varie forme analizzate.
Nella terza parte ho cercato di specificare cosa si debba intendere per postdemocrazia, evidenziandone le modalità tipiche e gli esiti, tramite l’analisi dei contributi della letteratura in merito al dibattito sulla postdemocrazia.
Ho successivamente cercato di rintracciare, nel contesto italiano, i sintomi di un slittamento verso la postdemocrazia, individuando le varie fasi di una trasformazione radicale della natura e struttura della politica italiana, dai primi anni novanta fino ad oggi.
Gli indicatori del malessere della democrazia sono rintracciabili, in Italia, nel fenomeno dell'astensionismo elettorale, così massiccio da potersi effettivamente qualificare come il partito del non-voto; nella nascita di forme di partito singolari e estranee alla storia italiana come il cosiddetto partito mediale; in ultimo nella crescente professionalizzazione della politica, che ha provocato un ulteriore scollamento nel rapporto fra i cittadini e la classe dirigente politica.
Nell’ultima parte ho analizzato il tessuto dei movimenti, indicando in quella che viene chiamata ‘società civile globale’ una sorta di rinascita dalla situazione di crisi di partecipazione e una risposta efficace in grado di effettuare una reale inversione di rotta nella politica globale.
La postdemocrazia è una dinamica irreversibile, a cui però si possono applicare dei correttivi capaci di arginare questo fenomeno in atto in molte società contemporanee.
Le cause stesse della postdemocrazia, che sono rintracciabili nell’incapacità degli istituti della democrazia di rispondere adeguatamente alla globalizzazione economica neoliberista e di andare pari passo con i mutamenti messi in atto da questo tipo di globalizzazione, recano in sé già la soluzione e cioè la riduzione del potere dei gruppi di pressione.
Un punto di partenza, infatti, potrebbe essere costituito dall’individuazione di politiche tese a permettere una partecipazione più attiva e responsabile dei cittadini e a limitare l’intromissione delle élite economiche negli affari pubblici attraverso una redistribuzione dei poteri.
Lo scenario futuro potrebbe essere rappresentato da sacche di cittadini i quali, attraverso il dialogo e il confronto costante, creano e spargono informazione, prendendo parte al decision making politico e presentando progetti e soluzioni alternative a quelle istituzionali, maturate all’interno della discussione collettiva. Certo, non bisogna sottovalutare il fatto che ciò dovrebbe comportare una presa di coscienza delle difficoltà insite, soprattutto, nella scelta del campione di cittadini incaricato di svolgere questo compito.
Questo obiettivo può essere realizzato attraverso l’incoraggiamento, da parte del sistema politico, della creatività e vitalità dei cittadini, che si può esprimere sia attraverso la manifestazione del dissenso sia attraverso la creazione, a livello locale, di assemblee di cittadini scelti, stimolati a discutere e a proporre soluzioni su determinati argomenti.
Le azioni da attuare per contrastare l’avanzata della fase postdemocratica sono ravvisabili nel sottolineare l’importanza delle opportunità insite nella società civile globale, che compone i movimenti; nel garantire e tutelare le condizioni per un accesso universale alle nuove tecnologie, indispensabili per poter esercitare i propri diritti e doveri nelle future democrazie elettroniche; nell’effettiva implementazione di una democrazia digitale, tenendo saldo in mente l’obiettivo di riduzione del gap tecnologico e la necessità della cittadinanza di riscoprire un agorà anche virtuale; nel ridurre l’influenza delle élite economiche; nel difendere i principi dell’egualitarismo dalle istanze neoliberiste e nel rinnovamento dei valori democratici a tutti livelli della società.
Se, come sosteneva Bobbio, “il futuro della democrazia sta nel proseguimento del processo di democratizzazione del sistema internazionale”
[3] e nella difesa degli ideali democratici, allora il futuro dei cittadini di tute le democrazie contemporanee consiste nella consapevolezza dei limiti della democrazia e quindi dell’esistenza di una fase postdemocratica già in atto, in grado di usurare le tradizionali modalità tipiche dei processi democratici.

[1] R. DAHRENDORF, Dopo la democrazia, Editori Laterza, Roma-Bari, 2001

[2] C. CROUCH, Postdemocrazia, Editori Laterza, Roma-Bari, 2004
[3] BOBBIO, N. Il futuro della democrazia, Einaudi Tascabili, Torino, 1984



Comunicare la politica nell'era della postdemocrazia 2005 00436 SEN (questa è la collocazione per chi volesse consultarla presso la biblioteca della Camera dei deputati)

4 commenti:

Anonimo ha detto...

ma che siamo impazziti...!!!!

Anonimo ha detto...

mamma mia, ma è scritta malissimo, ma non si può leggere. madonna mia, per carità cancella tutto.

Anonimo ha detto...

ah ah ah!!! Comunque zefirina, almeno alcuni refusi corrreggggili!!
Sposina, tranquilla, anch'io non ho più coraggio, a distanza di pochi mesi, di far leggere la mia tesi...
Comunque si capisce benissimo: mi ricorda in certi passi il concetto di Rivoluzione molecolare, ovvero una rivoluzione che nasce da gruppi definiti, determina una realizzazione di pratiche di equità e giustizia sociale, si agglomera come un composto di livello superiore per poi influenzare la società intera... Ma insomma, con un chimico accanto, dovrebbe essere per te una metafora assolutamente condivisibile!!
Non condivido della tua tesi invece il sottointeso ottimismo democratico: la democrazia è in effetti un'istituzione abbastanza recente, che purtroppo è stata affiancata con la sua nascita nel mondo moderno, di un'altra istituzione molto più potente: il mercato... Cittadini o consumatori? In quale ruolo ci viene dato più ascolto?

lasposina ha detto...

ma quale ottimismo democratico, io sono molto pessimista su questo fronte, mi è stato solo fatto presente che ai fini della tesi e dell'obiettivo finale, le mie idee ditruttive/apocalittiche non servivano a molto. e poi la parte che ha messo la zefir è l'introduzione, perciò una leggera passata di ottimismo dovevo passarla. se la leggessi tutta troveresti die capitoli più pessimisti...ma nel libro che mi piacerebbe scrivere al riguardo, se ne avrò mai il tempo vorrò essere più accurata e più sincera o meglio dire realistica verso l'argomento.
Comunque molti politologi affermano che la crisi delle istituzioni democratiche è proprio frutto di un entrata massiccia del potere economico in quegli ambiti deputati a tutt'altro che al mercato, da qui l'idea, che condivido fortemente, che il cittadino non possa più esercitare i suoi diritti e doveri senza dover fare scelte che assomigliano troppo a quelle di un consumatore.
Non è un ruolo che ci scegliamo coscientemente ma che ci viene affibbiato dalle lobby economiche che oramai controllano il potere politico, e comunque non ci viene dato ascolto lo stesso. perchè una volta fatta una scelta, loro sono troppo preoccupati a parlare di come impostare le prossime mosse con i loro superpagatissimi esperti di marketing...invece di costruire azioni che si possano a diritto dire "democratiche".