mercoledì, luglio 12, 2006

malintesi

Io ti do di me una idea che non è già per me quella vera rispetto a me e alla mia identità. Lo faccio per farti credere di avermi capito. In questo modo mi lasci in pace nella mia vera identità e ci incontriamo dove tu credi sia per te più comodo: ma sono io che te lo faccio credere. Così il malinteso diventa un cuscinetto tra me e te, una buffer_zone, un luogo comodo dove si addiviene ad un incontro semplificato -

da il malinteso di Franco La Cecla

5 commenti:

zefirina ha detto...

non credo, penso piuttosto che a tutti piace rendersi un po' più interessanti in certe situazioni e più compiacenti in altre, senza per questo essere insinceri, ma solo per venirsi incontro, altre volte invece come fai notare tu si prende in giro l'interlocutore in piena coscienza, ma allora si parla di malafede.
Ovviamente estrapolando da tutto il libro solo questo periodo non rendo giustizia al pensiero dell'autore, ma aveva toccato un mio nervo scoperto e mi ha fatto pensare ad una persona che ho conosciuto, e che mi ha colpita e affondata.

Anonimo ha detto...

tutto molto bello, eh? qualcuno una volta mi ha chiesto piu' o meno in questi termini: "dove e' e soprattutto con chi che la tua identita' si esprime al meglio ...non e' affatto detto che questo accada con persone e nei luoghi a te familiari...", ancora non mi sono data una risposta, ma certo e' che in alcuni momenti e con alcune persone ti senti come se avessi toccato vette di sincerita' estreme. come se non ci fosse piu' nulla da ribadire, da confermare su te stessa, sulla tua visione del mondo. e ti aspetti dall'altro lo stesso, limpidezza, trasparenza, sincerita'. e se l'altro mentisse persino a se' stesso?

Anonimo ha detto...

Essere autentici, sinceri, mentire, fingere: non riesco ad attribuire a questi comportamenti una valenza morale di un tipo o di un altro. Voglio dire: essere autentici è sempre una cosa "buona"? Quante volte la franchezza è usata strumentalmente per fini "cattivi"? La finzione è sempre "cattiva"? Non serve a volte un po' di diplomazia per mandare avanti le situazioni (in famiglia, a lavoro, nelle amicizie)? Quello a cui la sposina si riferisce secondo me chiama in causa l'emozione ed il sentimento, nutriti da intenzionalità di accoglienza, comprensione e fiducia. Non c'è un'oggettiva verità a cui essere fedeli, ma c'è un'intenzionalità a cui essere fedeli, un senso di responsabilità proprio nell'incertezza dell'interpretazione (rifuggendo la malafede di cui parla zefirina) e nella precarietà di qualsiasi relazione.

Anonimo ha detto...

ma infatti alla fin fine io sono d'accordo che sulla questione atavica di cosa e' buono(o giusto se vogliamo complicare la discussione) e cosa e' cattivo e chi e' che definisce questi termini e in base a quali parametri peraltro personalissimi, di cosa e' morale e cosa no, scusatemi la pochezza intellettuale, tutto e' relativo. neanche io mi sento tranquilla a dare connotazioni positive e negative (a rieccoci...) ai termini franchezza e sincerita', finzione e magari accortezza piu' che diplomazia. forse e' piu' azzeccato il termine fiducia usato da massimo dei micheli, l'intenzionalita' di avere fiducia nella persona che ti sta davanti (o accanto) E in te stessa.

Anonimo ha detto...

tanto per fare il solito pedagogo paternalista: cara sposina, ti vorrei portare a fare un altro salto concettuale. Non uso mai la frase "tutto è relativo", che secondo me non dà molta possibilità alla riflessione, così come una passata di verdura non rende bene conto della composizione di ingredienti vegetali... Oltretutto poi, Ratzinger e Pera, appena sentono "relativo", fanno partire i loro strali e non si riesce ad uscire più in maniera costruttiva dalla passata di verdura. Io uso la frase "Tutto è in relazione". In questo modo uno può ragionare sui contesti, sui soggetti coinvolti, sulle loro idee... Ovvero a distinguere brodo, sale, carote, zucchine, cucchiaio, ora di cena, posti a tavola e porzioni, e il goccio d'olio d'oliva che ci sta sempre bene... Senza parmigiano per te, lo sappiamo!